Mercedes Viola: L’anima segreta delle cose. A passeggio per Milano con Alberto Savinio
Ascolto il tuo cuore, città di Alberto Savinio inizia con una vista panoramica della città dal decimo piano dell’Excelsior, un grattacielo vicino alla stazione centrale. L’ascensore era per lui una macchina che lo rapiva dal suolo rumoroso di tutti i mortali e lo avvicinava al cielo, regalandogli lo sguardo dominante sulla città. «Qua su c’è un’aria da dei» e più in alto si era, più l’animo si alleggeriva e anche la digestione migliorava.
Si parte da Piazza Belgioioso, il cui palazzo omonimo «reca in faccia il gusto, cioè a dire la tranquilla maestà del neoclassico Piermarini». Di fronte all’arco nero che porta in Piazza Crispi oggi Piazza Meda, si trova la casa dove abitò Alessandro Manzoni per più di sessant’anni, en e nel 1873 vi morì.
Prenderemo da qui uno dei due corridoi, come li chiama l’autore, che è via degli Omenoni, sulla quale si chinano i Cariatidi di Leone Leoni. L’autore li metterà a confronto con qui dell’Eretteo che portano il peso senza tradire fatica o dolore. Racconta di quando nel 1940 passando per Milano, trovò uno degli Omenoni con la testa fasciata, il che gli procurò una legittima soddisfazione confermando la sua teoria sulla sofferenza degli Omenoni, dalla quale non bisogna però impietosirsi in quanto sarebbero esposti alle nostre sofferenze ma negati alle nostre gioie e «ignorare la gioia, e condizione privilegiata». A illustrare questa tesi racconta la storia di Maria Teresa Paradies quando grazie Mesmer recupera la vista che le era stata negata sin dalla nascita e si ritrova infelice a vedere le cose come sono.
Proseguendo per Via degli Omenoni troveremo la Casa Ricordi della quale l’autore ci racconta la storia, per poi proseguire verso la Galleria Vittorio Emanuele.
Si arriva al Bar Savini. Aperto dal 1867 in via Ugo Foscolo 5, all’interno della Galleria Vittorio Emanuele, questo bar a una certa ora «tirava su le tende rosse delle vetrine, dietro le quali i commendatori cenano sui divani di velluto». Il divano di fronte a destra dell’ingresso era occupato dall’ultimo rappresentante della casata dei Praga, Marco Praga, che una sera abbandonò lì seduto la testa di lato per non svegliarsi mai più. Sulla sua morte poi è stata data anche un’altra versione, vero è che nessuno più si sedette su questa poltrona.
Dal Bar Savini camminiamo fino al Duomo di Milano. L’autore ci racconta che è stato eretto sulle rovine di una chiesa pagana, sui ruderi di un tempio dedicato dai Celti ad Atena, e dai Romani trasformato in un’ara dedicata a Minerva. A Savinio sorprende che questo meccanismo di sostituzione perentoria di una verità trionfante ad altra considerata falsa e vinta avvenga a Milano, città così pura di pregiudizi. Un tema di discussione molto contemporaneo. Su questo l’autore scrive che «poche sostituzioni sono giustificate e tollerabili, e quelle sole in cui la distinzione fra bene e male non conosce dubbi, non ammette discussioni. Come il monumento a Beccaria in Milano, collocato nel luogo medesimo in cui una volta sorgeva la casa del boia.»
Ci sposteremo dal Duomo verso Piazza San Sepolcro, edificata da Anselmo IV, arcivescovo di Milano, a somiglianza del San Sepolcro di Gerusalemme. Anche il tetto di questa Chiesa, così come quello del Duomo, è a capanna: il tetto più povero e antico che si conosca. L’autore dice che «le piazze di Milano sono incontri casuali di vie nelle quali il vento della fantasia si raccoglie e gioca». In piazza San Sepolcro ne sfociano cinque, è «il punto ‘crociato’ di Milano. Mussolini fondò in questa piazza il primo Fascio di Combattimento, e da questa piazza nel 1907 i milanesi mossero alla volta della Terrasanta.» Ci racconterà della Chiesa di San Sepolcro e dell’Amborsiana alle sue spalle, che si confondono in un unico edificio di studio e preghiera, e del suo autore Manzoni Federico Borromeo. Si soffermerà anche su una casettina che sembra appena appoggiata al suolo, e del rapporto tra l’architettura e la nostra felicità.
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APPUNTAMENTO
Sabato 13 novembre
ore 10.30
Piazza Belgioioso
Info/Prenotazioni: info@passeggiatedautore.it – 3392220777
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L’AUTORE
.Mercedes Viola nasce in Argentina nel 1977. Legge e scrive da sempre, innamorandosi nell’adolescenza di Borges e Cortazar. Finito il liceo si trasferisce da Paraná a Córdoba dove s’iscrive alla facoltà di Psicologia preso l’Universidad Nacional de Córdoba. Studia di mattina e lavora di sera in una biglietteria alla stazione dei pullman. Nel 2005 si trasferisce a Milano dove si sposa e ha tre figlie. Alterna famiglia ai lavori più dissimili, tra i quali collaborazioni di redazione per aziende. Nel 2016 alcuni testi del suo blog vengono apprezzati da una giornalista e trova posto sul settimanale Panorama dove scrive per i successivi tre anni, alla fine dei quali si concentra su interviste ad artisti e racconti dedicati all’arte. In una di queste interviste incontra l’artista Tatiana Brodatch che illustrerà una sua rubrica di racconti settimanali per il giornale argentino Diario Uno. Scrive attualmente in Argentina per Panama Revista mentre in Italia da Panorama si sposta alla rivista letteraria Satisfiction dove attualmente cura la rubrica Arte racconto. A Maggio 2021 è uscito il suo primo libro Racconti ad arte – 14 incursioni in studi d’artista edito da Capire Edizioni, con introduzione di Beatrice Buscaroli e Davide Rondoni, dove scrive racconti ispirati all’incontro con quattordici artisti contemporanei italiani e internazionali e con le loro opere.
IL LIBRO
In margine a questo libro, Savinio avverte il lettore che si tratta di «un libro discorsivo: un entretenimiento». E subito aggiunge che questa forma di «lungo e tranquillo conversare» è per lui la più ambiziosa, in quanto sottintende tutta la civiltà: qui «la fase cosmogonica della poesia – e del pensiero – è superata, sottintesa, e “taciuta”; per quel pudore che è regola rigorosa sul piano di questa superiore civiltà. Ormai non si opera più, non si cede più alla bassa ambizione di mettere le mani in pasta. Si rievoca soltanto. Si passa tranquilli, indifferenti, fra i ricordi che il dramma ha lasciato dietro di sé. E solo c’è voce per un discorso calmo. Poi, più oltre, più su, luogo non ci sarà nemmeno per un discorso; ma solo per il silenzio».
Una volta decifrato tale impeccabile cartiglio, che illustra non solo questo libro ma tutta l’opera di Savinio, siamo pronti a seguire questo «lungo conversare» che – ci accorgeremo presto – è anche un passeggiare: passeggiare per Milano, scoprendo in questa città (che Savinio si azzarda a definire «dotta e meditativa: la più romantica delle città italiane») una selva di associazioni, di figure, di fantasmi, di fatti. Per lo scrittore, Milano è una robusta, onesta stoffa su cui ricamare divagazioni. E la divagazione è per lui anche il pretesto per contrabbandare i frammenti di una sottile confessione autobiografica. Ovunque si spinga in questo suo urbano girovagare, Savinio è assistito dalla sua amica più fedele, l’ironia, intesa come «maniera sottile d’insinuarsi nel segreto delle cose», virtù tanto più necessaria a Milano, che si presenta come «città tutta pietra in apparenza e dura», mentre è «morbida di giardini “interni”». E, a fianco di Savinio, quale perenne compagno di conversazione riconosciamo un’ombra, il milanese Henri Beyle. Da lui, solo da lui, Savinio ha derivato un certo sguardo amoroso che si posa sui dettagli della città – e persino un gesto che ormai è una sfida dell’immaginazione, respirare «a pieni polmoni l’odore della sua cara città, ch’è l’odore di legno bruciato esalato dai camini e custodito dalla nebbia».